La Corte Suprema di Cassazione ha recentemente emesso una sentenza di rilievo sul tema del risarcimento per danno non patrimoniale.
La pronuncia interviene in un contesto giurisprudenziale in evoluzione, confermando un approccio più flessibile e attento alla realtà dei rapporti familiari e delle sofferenze psicologiche indirette.
La vicenda sottoposta all’esame della Cassazione trae origine dalla richiesta di risarcimento avanzata da una donna e dal suo figlio, non solo per le lesioni fisiche riportate dalla madre a seguito di un incidente, ma anche per il danno morale e psicologico patito dal minore durante la degenza ospedaliera della donna. Infatti, nel periodo in cui la madre era assente per motivi di salute, il figlio aveva manifestato evidenti squilibri emotivi e difficoltà riconducibili proprio alla mancanza della figura materna.
Il tribunale di merito, tuttavia, aveva respinto la domanda di risarcimento per il figlio, ritenendo di non avere una prova “univoca” del nesso causale tra l’assenza materna e i disagi lamentati dal minore. Tale valutazione era basata su un rigido criterio di certezza assoluta, che la Cassazione ha definito erroneo e non conforme ai principi del processo civile.
La svolta giurisprudenziale della Cassazione: il criterio del “più probabile che non”
Gli Ermellini hanno chiarito che, nell’ambito della responsabilità civile, non è necessario fornire una prova scientifica certa del nesso di causalità tra l’evento dannoso e il pregiudizio subito. Il giudice deve adottare il criterio del “più probabile che non”, ossia scegliere la spiegazione che, basandosi sulle evidenze raccolte, risulta maggiormente plausibile, anche se la probabilità è inferiore al 50%. In pratica, non è richiesto escludere ogni altra possibile causa, ma è sufficiente che l’assenza della madre costituisca la causa con la prova più solida tra quelle ipotizzate.
Questa impostazione consente di superare un approccio troppo rigido e di considerare la complessità delle dinamiche familiari, dove spesso i fattori che influiscono sul benessere psicologico di un minore sono molteplici e interconnessi.

Il principio della “prevalenza relativa” in situazioni multifattoriali(www.linkedincaffe.it)
Un ulteriore aspetto di rilievo della sentenza riguarda le situazioni di multifattorialità, ovvero quando il disagio del minore può derivare da una molteplicità di cause concomitanti. Anche in questi casi, la Cassazione sottolinea che il giudice non deve rigettare la domanda di risarcimento per assenza di certezza assoluta, ma deve valutare quale tra le cause prospettate abbia ottenuto maggiore conferma probatoria applicando la regola della “prevalenza relativa”.
Questa prospettiva riconosce la complessità della realtà umana e impedisce che la difficoltà nel determinare una causa unica possa tradursi in un ingiusto diniego di tutela ai danni del minore.
La pronuncia della Cassazione ha dunque una portata significativa, in quanto riconosce che il danno morale subito da un minore in conseguenza della prolungata assenza di un genitore è un danno reale e meritevole di risarcimento. La Corte evidenzia che non è necessario raggiungere una prova certa e inconfutabile per riconoscere tale diritto, valorizzando così la tutela delle vittime di danni indiretti, soprattutto se minori, che possono soffrire in modo profondo per la mancanza del sostegno affettivo e protettivo di una figura genitoriale.
Il contesto attuale e le implicazioni della sentenza
Questa recente pronuncia conferma l’attenzione della giurisprudenza italiana verso la tutela dei soggetti vulnerabili e verso un’interpretazione più umana e realistica del diritto al risarcimento. In un periodo storico in cui cresce la sensibilità verso le esigenze psicologiche dei minori e le conseguenze indirette di eventi traumatici, la sentenza offre un importante strumento di protezione giuridica.
La Corte di Cassazione ribadisce così che il danno morale da assenza genitoriale, anche se non accompagnato da lesioni fisiche dirette, è un danno risarcibile e che il giudice deve adottare criteri di valutazione rigorosi ma non irragionevoli, in grado di contemperare esigenze probatorie e tutela dei diritti fondamentali.
La sentenza rappresenta un passo avanti nel riconoscimento giuridico delle sofferenze psicologiche dei minori e sottolinea l’importanza di un approccio equilibrato e sensibile nella valutazione delle richieste di risarcimento legate a danni non patrimoniali.