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Posso non pagare il mio avvocato? Quando è assolutamente legale farlo

Questa decisione, che interessa in particolare le prestazioni legali in materia civile, si inserisce nel solco della tutela della trasparenzaIl caso giudiziario: parcella elevata e mancata informazione(www.linkedincaffe.it)

Una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di rapporto tra cliente e avvocato.

Questa decisione, che interessa in particolare le prestazioni legali in materia civile, si inserisce nel solco della tutela della trasparenza e della correttezza professionale nell’ambito della professione forense, come previsto dalla normativa vigente.

La vicenda riguarda una controversia riguardante una donazione. L’ex cliente di un avvocato, dopo aver perso la causa, riceveva un decreto ingiuntivo per il pagamento di una parcella superiore a 13.000 euro. Contestando tale somma, la donna presentava opposizione e produceva in giudizio la testimonianza dell’ex segretaria dello studio legale, la quale confermava che il legale non aveva informato la cliente circa l’elevata probabilità di un esito negativo del procedimento giudiziario.

Il Tribunale di primo grado, tuttavia, riduceva di appena 400 euro l’importo della parcella, ritenendo che la cliente, anche se adeguatamente informata, avrebbe comunque deciso di agire in giudizio, e quindi riconoscendo solo in minima parte la contestazione.

La pronuncia della Cassazione: il principio della trasparenza professionale

Con la pronuncia n. 25889/2025, la Cassazione ha accolto il ricorso della cliente, sottolineando l’errore del giudice di merito nel ritenere irrilevante la mancata informazione circa il possibile esito sfavorevole della causa. La Corte ha chiarito che la decisione di impugnare una sentenza negativa non implica automaticamente che il cliente, se fosse stato correttamente informato sui rischi, avrebbe comunque avviato il contenzioso. Tale scelta è considerata un “dato neutro”, cioè insufficiente a fondare una presunzione grave e precisa ai sensi dell’art. 2729 del codice civile.

La Corte ha evidenziato che il dovere di chiarezza e trasparenza è parte integrante della diligenza professionale media prevista dall’articolo 1176 del codice civile e dalla Legge professionale forense n. 247/2012. L’avvocato deve pertanto illustrare al cliente in modo completo e comprensibile non solo le prospettive favorevoli, ma anche i rischi concreti della controversia, affinché quest’ultimo possa compiere una scelta consapevole, soprattutto sotto il profilo economico.

L’omissione di tale obbligo informativo comporta una lesione del rapporto fiduciario con il cliente, compromettendo la qualità della prestazione professionale e impedendo all’assistito di valutare in modo equilibrato costi e benefici dell’azione legale.

Questa decisione, che interessa in particolare le prestazioni legali in materia civile, si inserisce nel solco della tutela della trasparenza

Le conseguenze per il compenso professionale: da una riduzione alla possibile esclusione (www.linkedincaffe.it)

La Cassazione ha quindi stabilito che, qualora risulti dimostrato che il cliente, se correttamente informato, non avrebbe conferito l’incarico professionale, l’avvocato perde il diritto a percepire l’intero compenso. In assenza di questa prova, la mancata informazione costituisce comunque un inadempimento che il giudice deve considerare nella liquidazione della parcella, riducendola proporzionalmente alla gravità della condotta omissiva.

Si tratta di un principio che rafforza la tutela del cliente, valorizzando il ruolo della trasparenza come parametro essenziale della diligenza professionale e come presidio contro pratiche potenzialmente abusive nell’ambito della determinazione degli onorari legali.

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