Una svolta storica per milioni di lavoratori europei: il datore di lavoro è obbligato a considerare le esigenze dei caregiver, ampliando le tutele già previste dalla Legge 104.
Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha scosso il mondo del lavoro. Per la prima volta, non è solo la persona con disabilità a essere tutelata, ma anche chi se ne prende cura ogni giorno. La decisione apre nuove possibilità per milioni di caregiver, consentendo loro di chiedere modifiche concrete all’orario di lavoro, ai turni o alle mansioni, per conciliare lavoro e responsabilità familiari.
Legge 104, Corte di Giustizia la nuova sentenza
La Corte di Giustizia UE, con la causa C-38/24, ha stabilito che le tutele contro la discriminazione sul lavoro si estendono anche a chi assiste familiari con disabilità grave, riconosciute ai sensi dell’art. 3 comma 3 della Legge 104. Questo significa che i dipendenti caregiver possono ora richiedere sistemazioni ragionevoli, dall’adattamento dell’orario al cambio dei turni, fino a una riorganizzazione delle mansioni.
Prima di questa pronuncia, la normativa italiana garantiva già alcuni diritti, come 3 giorni di permesso mensile retribuito, congedo straordinario biennale retribuito, scelta prioritaria della sede di lavoro, possibilità di rifiutare il trasferimento. La novità più significativa riguarda proprio la possibilità di far pesare le proprie esigenze di cura sul datore di lavoro, superando la rigidità di turnazioni o regolamenti aziendali apparentemente neutrali ma svantaggiosi per i caregiver.

Legge 104, Corte di Giustizia la nuova sentenza – linkedincaffe.it
Dietro questa rivoluzione c’è la vicenda personale di una madre italiana, lavoratrice della metropolitana di Roma, che assiste il figlio minore con grave disabilità. La donna aveva chiesto di avere un turno fisso al mattino per poter seguire le terapie pomeridiane del figlio, ma l’azienda aveva rifiutato. Dopo un lungo iter giudiziario, la questione è arrivata alla Corte di Giustizia UE tramite rinvio pregiudiziale. Trasformando una battaglia individuale in un principio valido per tutti i lavoratori europei in situazioni analoghe.
La sentenza non lascia scappatoie: il datore di lavoro deve iniziare un dialogo costruttivo con il dipendente caregiver e valutare seriamente ogni richiesta. Il rifiuto è possibile solo se comporta un onere sproporzionato, valutato in base a fattori oggettivi come dimensioni dell’azienda, impatto economico reale e possibilità di supporti esterni. Non bastano motivazioni generiche: servono dimostrare concreto e documentare.
Questa decisione segna un cambio di paradigma. Il lavoratore non è solo una risorsa produttiva, ma una persona inserita in un contesto familiare che richiede responsabilità e cura.

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