Per molti lavoratori, lo scoglio dei 35 anni di contributi pare insormontabile, ma esistono diverse soluzioni per la pensione.
Ci sono momenti nella vita in cui si inizia a guardare al futuro con una prospettiva diversa, fatta di bilanci e di traguardi da raggiungere. Quando il lavoro ha occupato gran parte delle proprie giornate e gli anni di contributi iniziano a pesare sulle spalle, la domanda diventa inevitabile.
Nel complesso mondo delle pensioni italiane, la risposta però non è mai semplice, soprattutto per chi ha accumulato appena 35 anni di contributi. Anche se non si tratta di una carriera lunghissima, può comunque aprire la strada a due forme di pensionamento anticipato, per specifiche categorie di lavoratori.
Le migliori opzioni con 35 anni di contributi
Entrambe rappresentano possibilità concrete per lasciare il lavoro prima dei 62 anni, ma sono destinate a platee differenti e con requisiti ben precisi. Lo scivolo per lavori usuranti riguarda chi svolge mansioni faticose o rischiose, mentre Opzione Donna è pensata per le lavoratrici che rientrano in determinate condizioni.

OpzioneDonna e pensione per lavori usuranti – linkedincaffe.it
La normativa definisce “usurante” ogni attività che comporti un notevole impegno fisico o condizioni lavorative difficili, turni notturni, catene di montaggio o conduzione di mezzi. A queste si aggiungono professioni come minatori, palombari, operai in ambienti sotterranei o esposti ad alte temperature, tutti lavori ad alto rischio.
Per accedere a questa pensione anticipata è necessario aver compiuto almeno 61 anni e 7 mesi, con un minimo di 35 anni di contributi versati. L’età anagrafica e quella contributiva devono inoltre raggiungere, una volta sommate insieme, la cosiddetta quota 97,6, condizione indispensabile per ottenere l’assegno pensionistico.
Accanto a questa possibilità, c’è l’Opzione Donna, una formula sperimentale che permette alle lavoratrici di lasciare il lavoro con 35 anni di contributi. La misura è stata più volte modificata, riducendo progressivamente la platea di chi può beneficiarne. Oggi ne fanno parte solo caregiver, invalide e dipendenti licenziate.
I requisiti variano in base alla situazione familiare, 59 anni per chi ha almeno due figli, 60 per chi ne ha uno solo e 61 per chi non ne ha. In tutti i casi, l’invalidità deve essere pari o superiore al 74%, mentre le caregiver devono convivere da almeno sei mesi con la persona assistita.
Non tutte le imprese in difficoltà rientrano automaticamente tra i casi riconosciuti, poiché la misura si applica solo a grandi aziende con crisi formalmente riconosciute dal Ministero del Lavoro. È quindi una possibilità preziosa ma non universale, che il governo dovrà decidere se prorogare oltre la scadenza fissata al 31 dicembre 2025.