Economia

Separazione e conto cointestato, cosa succede se si preleva tutto dal conto?

Processo al tribunaleIl tribunale ha deciso - www.LinkedinCaffè.it

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La gestione di un conto corrente cointestato in caso di separazione rappresenta una questione di particolare delicatezza, spesso fonte di controversie legali e tensioni personali. La normativa vigente in Italia chiarisce con precisione quali siano i diritti e i limiti dei titolari di un conto condiviso, soprattutto quando si tratta di prelievi e trasferimenti di somme di denaro in vista della fine di un rapporto matrimoniale o di convivenza. Recenti pronunce giurisprudenziali, come quella del Tribunale di Rovigo nel settembre 2025, confermano l’importanza di rispettare le regole per evitare gravi conseguenze civili e penali.

Quando si parla di un conto corrente cointestato, la legge italiana, attraverso gli articoli 1298 e 1854 del Codice Civile, impone una regola fondamentale: le quote di proprietà del denaro depositato si presumono uguali tra i titolari, salvo prova contraria. Ciò significa che in un conto intestato a due persone, ciascuno è considerato proprietario del 50% della giacenza. Questo principio si applica ai crediti verso la banca e non deve essere confuso con la comunione legale dei beni tra coniugi, che regola aspetti patrimoniali diversi.

Questa presunzione di comunione ordinaria implica che ogni prelievo effettuato oltre la propria quota, senza il consenso dell’altro intestatario, può configurare una violazione del diritto di proprietà. La facoltà di operare separatamente sul conto – tipica dei conti a firma disgiunta – riguarda esclusivamente il rapporto con la banca e non autorizza a disporre unilateralmente della quota altrui.

Le implicazioni legali del prelievo integrale dal conto cointestato

Molti si chiedono se sia possibile svuotare un conto cointestato in vista di una separazione per tutelarsi da eventuali azioni del coniuge o convivente, ad esempio in caso di timori legati a una nuova relazione o a una presunta dissipazione del patrimonio comune. La risposta della legge è chiara e rigida: non è consentito effettuare prelievi integrali in modo unilaterale e preventivo. Il cosiddetto “autosequestro” o l’azione cautelare di fatto non trovano riconoscimento giuridico e rischiano di trasformarsi in un reato.

Il corretto strumento per tutelarsi in tali situazioni è il sequestro conservativo, un provvedimento che deve essere richiesto e autorizzato da un giudice e che consente di bloccare i beni per prevenire danni patrimoniali. Agire autonomamente, sottraendo ingenti somme dal conto, equivale ad esercitare arbitrariamente le proprie ragioni, con il rischio di incorrere nel reato di appropriazione indebita o in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Prelievo al bancomat

Puoi prelevare? E quanto? – www.LinkedinCaffè.it

Un altro aspetto spesso dibattuto riguarda la possibilità di compensare i prelievi dal conto con crediti non ancora formalmente accertati, come gli arretrati dell’assegno di mantenimento. Tuttavia, la legge richiede che i crediti siano certi, liquidi ed esigibili per poter essere compensati legalmente. In assenza di una decisione giudiziaria che quantifichi e stabilisca tali crediti, ogni prelievo effettuato come forma di compensazione è considerato abusivo e può configurare appropriazione indebita.

Le conseguenze di un prelievo illecito non si limitano all’obbligo di restituzione del denaro sottratto. Come confermato dalla recente sentenza del Tribunale di Rovigo, il coniuge o convivente danneggiato può ottenere un sequestro conservativo di beni mobili e immobili a carico di chi ha compiuto l’operazione illecita, per garantire la tutela del proprio credito. Inoltre, l’azione può sfociare in un procedimento penale, aggravando ulteriormente la situazione di chi ha agito senza rispettare le regole.

Anche la presenza di altri beni cointestati, come titoli o immobili, non modifica l’obbligo di rispettare la quota di proprietà e non autorizza a sottrarre somme dal conto senza accordi o provvedimenti giudiziari. La liquidazione di tali beni richiede infatti la collaborazione di entrambi i titolari o l’intervento del giudice, che può essere difficile da ottenere in situazioni di conflitto.

In un momento così delicato come quello della separazione, è essenziale affidarsi a professionisti del diritto per ricevere consulenze personalizzate e per evitare scelte impulsive che possono aggravare la situazione personale e legale. La gestione del patrimonio comune, in particolare dei conti correnti cointestati, deve avvenire nel rispetto delle norme vigenti e delle quote di proprietà, per prevenire contenziosi e sanzioni penali.

La legge tutela entrambe le parti, ma impone rigore nel rispetto delle quote e nell’uso degli strumenti giudiziari per risolvere eventuali controversie patrimoniali, evitando così che un momento già difficile si trasformi in un conflitto economico dal quale è difficile uscire senza danni.

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