Economia

Posso chiedere il pagamento dello stipendio in contanti? Quando la legge ti dà ragione

Posso chiedere il pagamento dello stipendio in contanti?Lo stipendio in contanti è una pratica ormai quasi illegale - linkedincaffe.it

Ogni cambiamento normativo porta con sé nuove responsabilità e ciò che un tempo era consuetudine può oggi trasformarsi in una violazione sanzionabile. Nel mondo del lavoro, la trasparenza nei pagamenti è diventata un pilastro fondamentale per tutelare i diritti e prevenire abusi contrattuali.

La tracciabilità delle retribuzioni non è solo una questione fiscale, ma anche uno strumento per garantire equità e rispetto delle regole. Quando il denaro passa attraverso canali ufficiali, ogni parte coinvolta può dimostrare con chiarezza l’avvenuto pagamento e la sua correttezza.

Quando i contanti vanno bene

Dal 2018, la legge vieta il pagamento dello stipendio in contanti, imponendo l’uso di strumenti tracciabili come bonifici, assegni o carte elettroniche. L’obiettivo è evitare discrepanze tra quanto dichiarato in busta paga e quanto effettivamente versato, rendendo ogni operazione verificabile.

Posso chiedere il pagamento dello stipendio in contanti?

Esistono delle alternative entro i limiti di legge – linkedincaffe.it

Il pagamento in contanti è ammesso solo se effettuato presso una banca o un ufficio postale, mai direttamente nelle mani del lavoratore. Anche per importi modesti, la consegna “a mano” resta vietata: serve sempre un riscontro bancario o postale per dimostrare l’avvenuto versamento.

La firma sulla busta paga non costituisce più prova sufficiente: senza tracciabilità, il datore rischia sanzioni e contestazioni da parte del dipendente. Nel 2025 non sono state introdotte modifiche sostanziali, le regole restano invariate e i controlli si fanno sempre più rigorosi.

Il divieto riguarda tutti i rapporti di lavoro subordinato e parasubordinato, a prescindere dalla durata o dalla tipologia contrattuale. Sono inclusi contratti a tempo determinato, indeterminato, part-time, apprendistato, co.co.co., lavoro intermittente e soci di cooperative.

In caso di violazione, l’azienda può incorrere in una sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro, con aggravanti in presenza di lavoro nero. Le conseguenze possono estendersi anche sul piano contributivo e fiscale, con accertamenti più approfonditi da parte degli organi ispettivi.

Esistono però alcune eccezioni: il lavoro domestico, le collaborazioni occasionali e i rimborsi spese documentati possono essere pagati in contanti. Colf, badanti e baby-sitter rientrano tra i casi ammessi, anche se è consigliabile usare comunque metodi tracciabili per accedere alle detrazioni fiscali.

Chi svolge uno stage o riceve una borsa di studio può essere retribuito in contanti, purché l’importo sia contenuto e previsto dal contratto. Anche i rimborsi per vitto, alloggio o trasferte possono essere erogati in contanti, se accompagnati da scontrini o ricevute fiscali.

Pagare lo stipendio con bonifico o carta intestata al lavoratore è oggi una best practice, utile a evitare errori e contestazioni future. Per chi non ha un conto corrente, esistono soluzioni digitali come carte prepagate con IBAN, che permettono di rispettare la normativa.

Conservare le ricevute insieme alla busta paga e informarsi sul contratto applicato sono accorgimenti utili per garantire correttezza e trasparenza. Anche quando la legge consente il contante, scegliere la tracciabilità resta la via più sicura per tutelare entrambe le parti coinvolte.

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