Le tutele giuridiche contro il pignoramento delle prestazioni assistenziali(www.linkedincaffe.it)
L’INPS ha recentemente ribadito con la Circolare n. 130 del 2025 un principio fondamentale del diritto italiano.
Il principio generale sancito dall’articolo 2740 del codice civile stabilisce che il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutto il suo patrimonio. Tuttavia, il legislatore ha previsto specifiche eccezioni per salvaguardare beni e somme ritenute essenziali per la sopravvivenza e il sostentamento del debitore e della sua famiglia. In questa direzione interviene l’articolo 545 del codice di procedura civile, il quale distingue tra:
Questa distinzione vuole contemperare il diritto dei creditori a ottenere il dovuto con la necessità di tutelare i mezzi di sostentamento del debitore.
La normativa individua come assolutamente impignorabili tutte quelle somme con finalità assistenziali, che hanno la funzione di assicurare la continuità economica del beneficiario in condizioni di vulnerabilità. Secondo la Circolare INPS n. 130/2025, tra queste rientrano in modo esplicito:
Queste somme, definite “vitali”, non possono essere aggredite dai creditori, comprese le amministrazioni pubbliche, il che significa che lo Stato non può utilizzarle per il recupero di imposte, multe o tributi non pagati dal beneficiario.
L’INPS ha inoltre precisato che questa tutela si estende a tutti i lavoratori iscritti a qualsiasi gestione previdenziale, inclusi lavoratori marittimi e iscritti alla Gestione separata, come collaboratori e professionisti.
L’unica eccezione: i debiti verso l’INPS (www.linkedincaffe.it)
L’unica eccezione a questa regola riguarda i debiti contratti direttamente con l’INPS, come nel caso di prestazioni indebitamente percepite o omissioni contributive. In tali circostanze, l’Istituto può procedere a trattenere fino a un quinto dell’importo delle somme erogate come indennità. Tuttavia, la trattenuta riguarda solamente il capitale del debito previdenziale e non può estendersi a interessi o sanzioni amministrative.
Questo meccanismo rappresenta un equilibrio tra il diritto dell’INPS a recuperare le somme dovute e la necessità di garantire al cittadino un reddito minimo per far fronte alle proprie esigenze quotidiane.
Le indennità che hanno natura di sostituti del reddito da lavoro, come la cassa integrazione, la mobilità o la disoccupazione indennizzata, sono soggette a regole diverse. Questi trattamenti possono essere pignorati fino a un quinto del loro valore, con la possibilità di arrivare fino alla metà in caso di più pignoramenti contemporanei.
Inoltre, nel caso di indennità erogate in un’unica soluzione, come incentivi all’autoimprenditorialità, la normativa specifica che non si applicano i limiti di pignorabilità tipici delle prestazioni previdenziali, rendendo l’intero importo aggredibile dai creditori.
Un capitolo a parte riguarda gli assegni familiari e al nucleo familiare (ANF), anch’essi impignorabili salvo che il pignoramento sia disposto per crediti alimentari, in cui il giudice può stabilire quote anche superiori a un quinto.
L’impignorabilità delle indennità di malattia, maternità e congedi parentali non rappresenta solo una norma giuridica, ma un vero e proprio principio di civiltà. È un riconoscimento del fatto che la salute, la maternità e la cura della famiglia sono diritti fondamentali che devono essere preservati al di sopra degli interessi economici dei creditori.
Sottrarre queste somme a chi ne ha bisogno in momenti di difficoltà significherebbe compromettere la sicurezza economica del lavoratore e del suo nucleo familiare, vanificando la funzione stessa di tali prestazioni.