Non è come immagini, l’AI non sta rubando posti di lavoro: svelata la verità

Recenti studi condotti dai ricercatori dello Yale University Budget Lab e del think tank Brookings Institution offrono una prospettiva diversaAI e mercato del lavoro: evidenze scientifiche (www.linkedincaffe.it)

L’intelligenza artificiale continua a essere al centro del dibattito globale sul futuro del lavoro,  minacciando per molti numerosi posti di lavoro.

Recenti studi condotti dai ricercatori dello Yale University Budget Lab e del think tank Brookings Institution offrono una prospettiva diversa, smentendo l’idea che l’AI stia causando una perdita occupazionale significativa.

L’analisi dei dati ufficiali e delle tendenze nel settore tecnologico mostra che, nonostante la rapida evoluzione degli strumenti basati su AI, come i chatbot, l’impatto sul mercato del lavoro complessivo è stato finora contenuto e non ha portato a una drastica diminuzione dei posti di lavoro.

Lo studio coordinato da Molly Kinder, ricercatrice senior presso Brookings Institution, e Martha Gimbel, responsabile dello Yale Budget Lab, rivela come il mercato del lavoro negli Stati Uniti sia rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi tre anni, nonostante l’introduzione su larga scala di tecnologie di intelligenza artificiale generativa.

“Finora, l’AI non ha sfidato la gravità”, ha dichiarato Kinder, sottolineando che le imprese sono ancora nelle fasi iniziali di integrazione dell’intelligenza artificiale nei propri processi produttivi. Gimbel ha aggiunto che, sebbene la percezione pubblica sia spesso dominata dalla paura che l’AI possa sottrarre posti di lavoro, i dati non mostrano alcun segnale consistente che ciò stia realmente accadendo su larga scala.

Dall’arrivo di ChatGPT alla fine del 2022, la trasformazione occupazionale nel settore tecnologico è stata evidente, ma non ha superato la portata di innovazioni precedenti come l’avvento di Internet o dei computer personali. Il cambiamento nella composizione delle mansioni lavorative è dunque un fenomeno graduale e non rivoluzionario.

Le previsioni dei leader tecnologici e il dibattito economico

Non mancano però voci allarmistiche. Dario Amodei, amministratore delegato di Anthropic, ha espresso timori riguardo la possibile eliminazione massiccia di ruoli in ambiti come consulenza, finanza e diritto, addirittura ipotizzando la scomparsa di metà dei lavori di livello base. Similmente, Sam Altman, CEO di OpenAI, ha previsto una riduzione di alcune categorie lavorative, in particolare nel servizio clienti.

Tuttavia, economisti di spicco come Daron Acemoglu del Massachusetts Institute of Technology invitano a una lettura più prudente. Secondo Acemoglu, l’hype mediatico e la pressione sui manager per adottare tecnologie AI stanno amplificando percezioni eccessive rispetto all’effettivo impatto reale sul mercato del lavoro. Inoltre, le aziende del settore hanno un forte incentivo a promuovere le proprie soluzioni tecnologiche per giustificare investimenti crescenti in capacità computazionale e sviluppo di modelli sempre più sofisticati.

Un dato che emerge chiaramente è la lenta adozione dell’AI a livello aziendale. Nonostante l’interesse, ancora poche imprese stanno utilizzando l’intelligenza artificiale per attività creative o strategiche di rilievo, limitando così l’effetto sull’occupazione.

Recenti studi condotti dai ricercatori dello Yale University Budget Lab e del think tank Brookings Institution offrono una prospettiva diversa

Impatto sui giovani e sulle nuove generazioni di lavoratori(www.linkedincaffe.it)

Un altro aspetto investigato riguarda le difficoltà dei neolaureati nel trovare un impiego, spesso attribuite all’avanzata dell’AI generativa. La ricerca ha però evidenziato che l’aumento del tasso di disoccupazione per i giovani tra i 20 e i 24 anni registrato nell’agosto 2025 non è correlato in modo significativo all’introduzione di nuove tecnologie.

La composizione del mercato del lavoro rimane sostanzialmente invariata e le difficoltà occupazionali dei neolaureati sono da ricondurre a fattori economici e strutturali più ampi, piuttosto che a un’immediata trasformazione tecnologica.

Allo stesso tempo, uno studio recente di Goldman Sachs Research ha stimato che l’adozione crescente dell’AI potrebbe spostare tra il 6 e il 7% della forza lavoro statunitense. Tuttavia, questo impatto è considerato probabilmente transitorio, con una fase di adattamento e riconversione che dovrebbe attenuare gli effetti negativi nel medio termine.

Lo scenario attuale, come sottolineano gli esperti, richiede un monitoraggio costante e politiche adeguate per accompagnare la transizione tecnologica, ma non giustifica allarmismi eccessivi riguardo a un’imminente crisi occupazionale di massa.

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